‘VITTORIO MARANGONI. TRASFIGURAZIONE’ – MUSEO MIIT – DALL’1 AL 16 DICEMBRE 2017
“VITTORIO MARANGONI. Trasfigurazione” – DAL 1 al 16 DICEMBRE 2017
INAUGURAZIONE: VENERDI’ 1 DICEMBRE 2017, DALLE ORE 18.00
Il Museo MIIT di Torino, Seven’s.bo di Bologna, la rivista internazionale Italia Arte, la Galleria Folco presentano la mostra retrospettiva “VITTORIO MARANGONI. Trasfigurazione”, curata da Gianni Cascone.
Dal 1 al 16 dicembre 2017 sarà presentata una selezione di opere dell’artista.
TESTO CRITICO DI GIANNI CASCONE
“Vittorio Marangoni viene dal mondo rurale: originario di Padulle, in provincia di Bologna, si è trasferito in città per studiare e qui si è formato accanto a Pirro Cuniberti. Ricordo questa sua radice perché nel tempo mi sono convinto di due cose: da un lato che la sua opera sia un emblema del ‘glocale’, cioè di quella dimensione in cui globalità e località si toccano e dialogano fruttuosamente anziché contrapporsi; dall’altro che la frizione che si crea nell’innesto urbano di una matrice culturale rurale sia stata e continui a essere la matrice di alcune delle più originali manifestazioni artistiche dall’industrializzazione in poi. Detto in altri termini la produzione artistica di Marangoni credo che ben rappresenti il rapporto fra Bologna e la piana rurale che la circonda, ma che questo rapporto sia anche il tema della attuale globalizzazione che celebra un processo di urbanizzazione totale: è nelle grandi megalopoli che vanno concentrandosi i tre quarti di una popolazione umana che lascia il mondo contadino per l’ambiente metropolitano. Questa frizione e questa dinamizzazione culturali continuano a dare frutti estremamente interessanti: pensiamo alla relazione tra provincia e centro nell’epoca del romanzo classico, alla dialettica costante fra metropoli e provincia nell’arte e nella letteratura americana, pensiamo a ciò che sta accadendo nella produzione culturale di Africa e Cina… Che cosa fa Marangoni nelle sue opere? Il suo gesto, esistenziale e artistico, sembra quello di colui che si volge indietro.
LA ‘BELLEZZA’
L’artista si muove nelle campagne che ha abbandonato e raccoglie legni consumati dal tempo – sono assi di carretti, montanti di scale contadine, assi da lavandaie e, soprattutto, scuri di finestre – e rottami ferrosi di attrezzi agricoli. La scelta naturalmente non è casuale: i reperti di questa archeologia rurale testimoniano tutti della fatica, del sopportare pesi, del rompersi a causa dello sforzo; gli scuri dicono muti qualcosa in più: sono le palpebre delle case, chiudono nel silenzio sofferenze ostinate e indicibili; o, chiudendosi, aprono lo sguardo all’immaginazione e al sogno. Sui rottami poi Marangoni innesta (per mantenere il codice agricolo) elementi ‘preziosi’ in modo da trasfigurare la semplice povertà di quei manufatti rurali in ‘opere d’arte’, in modo da riscattare la nuda funzionalità in una infunzionalità ‘lussuosa’, gratuita, un investimento di senso che avverrà in ambiente urbano: duchampianamente i poveri attrezzi, i frammenti di cose e di case, decorati entreranno nell’orizzonte dell’estetica e del suo mercato, nel contesto delle gallerie d’arte dove cambierà la loro destinazione d’uso; da oggetti strumentali e sostituibili, a oggetti di valore insostituibili. Quel che mi ha sempre commosso è stata la capacità di Marangoni di rigenerare esteticamente i suoi oggetti con una coerenza impeccabile: come gli impressionisti generavano luce non con le lacche bensì con la relatività dei rapporti cromatici opachi, così Marangoni imbandisce le cose non con l’oro o l’argento: i suoi abbellimenti condividono con i propri supporti la stessa semplicità e povertà. I gioielli sono soltanto maniglie di ottone che brillano appena sul legno scavato dal tempo, buccole di umile vetro prese da lampadari distrutti, formine in gesso di cioccolatini appena toccate dall’acquerello, scarti di lavorazioni ceramiche, gambette di burattini semplicemente lucide, trine fatte di avanzi di centrini, o di corredi andati strappati; e i forconi picassianamente si fanno totem, le vanghe fragili abat-jours, i rastrelli macchine per scrivere rime. A coronamento dell’operazione, infine, stanno I libri, o meglio le costole di libri raccolti dal
macero o da mercatini svuotacantine, e brandelli di carte sottili impreziosite da una grafia fitta e acuminata, quella dell’artista, che ripete concettualmente una frase o una parola ossessionanti. I libri e la scrittura sono il suo vero rimpianto: si incasellano in ogni angolo possibile a denunciare la loro passata assenza in case che non se li potevano permettere o che neanche li contemplavano. Allora questi umili dettagli decorano la consunzione e creano ‘bellezza’: ‘bellezza’ fra virgolette perché qui non si persegue un’estetizzazione decadente, fine a se stessa, ma si cerca di riscattare alla dignità culturale una res extensa che non ne aveva diritto, tracce di esistenze che, come diceva Atzeni, passavano sulla terra leggere o, come diceva Pontiggia, sono vite di uomini non illustri.
L’ALTROVE
Dunque nel suo trasfigurare le cose Marangoni viene allestendo piccoli teatri della memoria, e va a inscriversi nella famiglia dei Gaudí, dei Cornell, degli Spoerri. Questa dimensione ‘teatrale’ sicuramente ha a che fare con la lunga pratica di scenografo del nostro artista, ma credo che questa sia più una conseguenza che una causa. Come le sabbie di ascendenza junghiana, questi legni tendono infatti a farsi microcosmi, opere-mondo, in cui spesso si delinea un sottile sviluppo narrativo e in cui l’occhio si immerge iniziando a scoprire la dimensione del sogno e della fantasia. Un altrove in cui l’artista fugge dalla coazione contadina a ripetere le mansioni quotidiane e stagionali, anche dalla coazione di un materialismo carnale e di un opprimente utilitarismo che economizza ogni risorsa e ogni risvolto dell’esistenza. Così il mondo dei legni germina due diramazioni, in sequenza temporale. Il primo altrove, che fonde opera d’arte visiva e scenografia, è rappresentato dai Bagagli. Nel termine sono racchiuse due accezioni: una è quella letterale di valigia, l’altra è quella dialettale di cosa o persona di poco valore, uno scarto sociale. Marangoni dentro le
valigie, con suppellettili e luci da presepio, ha costruito dei piccoli teatri in cui trionfa un sentimento struggente per l’infanzia, età delle magie impensabili, della dolcezza e della preziosa innocenza nei confronti di un mondo ancora tutto da scoprire. E di Bagagli, con Marcello Prayer e Andrea Orsi, tutti insieme abbiamo fatto un vero e proprio spettacolo. Il secondo altrove, invece, la seconda diramazione è costituita da Siderazioni. Qui L’artista è tornato ai legni, ma li ha ricoperti di un sudario bianco, quasi sempre una tela chiara che reca le tracce del gelo e che ricopre le rughe e le ferite che il tempo ha inflitto ai legni. Non si tratta più di scuri o di assi recuperate da carretti o attrezzi, quanto di casellari da tipografia o stipi che vengono appunto coperti da un velo bianco che ne impedisce la normale
funzione di contenitore. L’apparenza, spesso marcata dalla retroilluminazione, è quella di una bellezza più raffinata, brillante e algida, ma il significato sostanziale è più cupo dei primi legni. Come Manfred, nel vedere l’amata, comprende che il rosso sulle sue gote non è un pulsare del sangue ma ‘il rosso che l’autunno imprime sulle foglie morte’, così il biancore accecante che Marangoni declina sui legni e stende sulle fantasie infantili e di bellezza è il bianco luttuoso dell’Oriente o quello che il gelo invernale stringe intorno alle piante e sulle distese dei campi.
I GRAFEMI
In ogni opera di Marangoni, sempre e comunque, resterà una costante, di evidenza letterale o di significato: il tema del grafema, della traccia scritta. Tornando appunto ai suoi esordi, Marangoni si è riconosciuto nella calligrafia e nell’ironia del mondo surreale di Cuniberti, tanto che si è dedicato inizialmente alla decorazione della ceramica. In questo ambito Marangoni ha potuto dare figurazione a un mondo di insetti o di piccoli esseri molto prossimi al segno minimo, che poi ha portato con successo nell’illustrazione – vincendo il Premio Internazionale Children’s Book Fair nel 1979 – e nell’editoria per l’infanzia. Una pulsione grafica che infine, dagli inserti cartacei sui legni, si è estesa alle elaborazioni fotografiche, in un gioco concettuale che tematizza il supporto stesso: qui gli scuri o le travi del mondo
contadino e montanaro vengono presentati nel loro contesto originario, quello dei muri di pietra. La vena fiabesca e lirica di Marangoni prende ora veste di colore, che trasfigura la crudezza della materia con velature per contrasto acide e laccate, e con la calligrafia: è questa una scrittura paradosso, che invoca la durata temporale e nel contempo ne dichiara la sua totale labilità perché non si darà mai permanenza d’inchiostro sulla pietra e perché, fra mano che vuole lasciare traccia e supporto, si è insinuata la pellicola della rappresentazione – quell’ambiguità irrisolvibile che sta nell’etimo di ‘immagine’. L’ultimo paradosso, riguarda l’arte stessa di Vittorio Marangoni: lui ha cantato in ogni direzione la fragilità ma credo che le sue opere siano destinate a durare e a continuare a emanare senso per noi”.
BIOGRAFIA
Vittorio Marangoni (artista recentemente scomparso) è nato nel 1958 a Sala Bolognese. Dal 1982 al 2006 ha lavorato in qualità di scenografo con la compagnia “Teatro Evento”, teatro stabile di innovazione per ragazzi e giovani, firmando le scenografie di oltre trenta produzioni teatrali. E per la stessa compagnia dal 1994 al 2005 è stato direttore del Teatro Comunale di Casalecchio di Reno (Bologna). In ambito teatrale ha avuto importanti riconoscimenti, tra i quali il premio ETI della critica “Stregagatto” per una produzione del Sipario Toscano di Cascina. All’attività di scenografo affianca quella di formatore, realizzando seminari per insegnanti e laboratori rivolti a bambini e ragazzi della scuola primaria; e quella di illustratore di libri per ragazzi collaborando con le case editrici Cappelli e Nicola Milano. Nel 2007, su incarico della Provincia di Bologna e in collaborazione con la Cooperativa “La Baracca” e la Fondazione ATER Formazione, ha curato presso il Teatro “Testoni” di Bologna una indagine conoscitiva sul teatro-ragazzi nella provincia di Bologna, una delle prime in Italia – i risultati della ricerca sono stati pubblicati e presentati nell’ambito del convegno nazionale “Pro-bim-BO” nel marzo 2008. Dal 1996 ha esposto le sue opere in varie gallerie del territorio nazionale.
DATI DELLA MOSTRA:
“VITTORIO MARANGONI. TRASFIGURAZIONE”
DALL’ 1 AL 16 DICEMBRE 2017
INAUGURAZIONE: VENERDÌ 1 DICEMBRE 2017, DALLE ORE 18.00
ORARI: da martedì a sabato dalle 15.30 alle 19.30
su appuntamento domenica, lunedì e festivi per visite guidate, gruppi, scolaresche.
MUSEO MIIT CORSO CAIROLI 4 – TORINO
TEL. 011.8129776 – 334.3135903 – WWW.MUSEOMIIT.IT – INFO@MUSEOMIIT.IT
INGRESSO LIBERO
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